Parco dell'Adda Nord

Il Parco dell'Adda Nord comprende i territori di pianura attraversati dal fiume Adda, a valle del lago di Lecco. In questa parte il fiume si snoda all'interno di un paesaggio dalle caratteristiche ambientali uniche. Il parco venne istituito nel 1983 e ha una superficie di 5580 ettari. Nell'ambito del parco sono presenti testimonianze interessanti di ingegneria idraulica del secolo XIX tra le quali i navigli e le chiuse di Leonardo a Trezzo. Fra le opere di ingegneria civile è notevole il ponte di ferro di Paderno - Calusco. Un esempio di intervento urbanistico legato alla industrializzazione ottocentesca è il villaggio operaio di Crespi d'Adda, ora patrimonio dell'Unesco. La sede del parco è a Villa Gina a Concesa, frazione del comune di Trezzo.

Parco dell'Adda Nord Tipo di area: Parco Regionale Codifica EUAP: EUAP0736 Regioni: Stemma Lombardia Province:
     

Le maggiori opere di ingegneria idraulica sono le chiuse di Leonardo, il ponte di Paderno d'Adda e il villaggio di Crespi d'Adda. Nei comuni di Cornate d'Adda e Paderno d'Adda è stato allestito l'ecomuseo di Leonardo.

Naviglio della Martesana

Il Naviglio della Martesana (anche noto come Naviglio Piccolo), è uno dei navigli milanesi. È situato a sud del Canale Villoresi.

La Martesana è un canale navigabile largo dai 9 ai 18 metri, profondo da uno a 3 metri e lungo 38,7 km (di cui alcuni interrati) che collega Milano con il fiume Adda dal quale riceve le acque a Concesa poco a valle di Trezzo sull'Adda. Ebbe il nome Martesana, per il contado che avrebbe attraversato, da Francesco Sforza nel 1457, ancor prima che iniziassero nel 1460 i lavori per costruirlo. Il dislivello tra l'incile e il Naviglio di San Marco, superata la conca dell'Incoronata, era di 19 metri. L'appellativo piccolo gli deriva dal confronto con il precedente e ben più importante Naviglio Grande.

Naviglio della Martesana Lunghezza: 38 km Portata media: A Concesa 27 m³/s; a Milano 1,8 (7 quando si navigava) m³/s Bacino idrografico: km² Altitudine della sorgente: m s.l.m. Nasce: derivato dall' Adda a Concesa di Trezzo sull'Adda Sfocia: Redefossi a Milano Stati/regioni attraversati: bandiera Italia:
Stemma Lombardia

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La storia cartacea del Naviglio Martesana iniziò il 3 giugno 1443 quando Filippo Maria Visconti (1412-1447) approvò, con una disposizione intitolata Ordo rugie extrahendi ex-flumine Abdua, il progetto, che gli era stato presentato da un gruppo di illustri cittadini milanesi guidati da Catellano Cotta, amministratore ducale del Monopolio del sale e fratello del feudatario di Melzo. Essi chiedevano di derivare le acque dell'Adda per realizzare un canale utilizzabile sia per l'irrigazione, sia per azionare sedici mulini (il duca ne autorizzò dieci). Il corso individuato prevedeva che il canale venisse alimentato da una presa d'acqua (incile) situata poco a valle del castello di Trezzo sull'Adda, in un punto in cui il fiume ha una strettoia e la corrente sarebbe stata sufficiente per garantire un flusso costante. Il canale avrebbe poi costeggiato l'Adda per dirigersi a occidente dopo Cassano d'Adda, raggiungere Inzago, seguirne per un tratto il fossato di cerchia e puntare verso Trecella e Melzo per confluire nel torrente Molgora.

All'epoca, e precisamente dal 1484 al 1500, Leonardo da Vinci era ospite della corte sforzesca e sono stati in molti specialmente nell'Ottocento, ad accreditargli addirittura l'invenzione delle conche e una sua diretta partecipazione al compimento della Martesana, quasi a nobilitare ulteriormente, con la presenza del genio, un'opera già di per sè straordinaria; anche oggi non è raro leggere di tale partecipazione. Di certo vi è soltanto che nello schizzo Immagine schematica di Milano in pianta e in profilo orizzontale , la Martesana viene riportata da Leonardo come già compiuta, mentre in un successivo foglio si vedono dettagliati disegni e appunti relativi alla conca di San Marco, che determineranno le modalità costruttive del dispositivo idraulico per il futuro. È invece sicuro che nel 1516 Francesco I commissionò a Leonardo, in occasione del suo secondo soggiorno ambrosiano, un progetto per un collegamento diretto di Milano con l'Adda a monte del suo tratto non navigabile, tra Paderno e Trezzo. Leonardo fornì due possibili soluzioni: l'apertura di un nuovo canale che da Paderno si dirigesse a ovest attraversando la pianura prima di rivolgersi a sud all'altezza di Milano o, in alternativa, un ardito progetto con canali, pozzi e chiuse a contrappeso in gallerie scavate nella viva roccia che sovrasta la destra del fiume, dove poi fu costruito il naviglio di Paderno.

Idee troppo ardite per essere realizzate, soprattutto da altri, con i mezzi allora a disposizione. Entrambi i progetti sono riportati in dettaglio, con addirittura il calcolo dei costi, nel citato Codice Atlantico. Il sogno sforzesco di collegare Milano direttamente con il lago di Como dovette attendere quasi altri tre secoli per realizzarsi: il dislivello dell'Adda fra Brivio e Trezzo dopo molti tentativi fu superato dal Naviglio di Paderno solo nell'ottobre 1777, regnante Maria Teresa d'Austria.

Pur mancando documentazione diretta sul fatto, dagli appunti leonardeschi si deduce che Leonardo navigò sul naviglio diretto alla Villa Melzi d'Eril di Vaprio d'Adda, nella quale soggiornò e probabilmente iniziò un grande affresco terminato in seguito da un suo allievo.

A partire da Carlo Borromeo praticamente tutti gli arcivescovi milanesi navigarono sulle acque del Naviglio per recarsi a Groppello presso la Villa Arcivescovile.

Gabrio Serbelloni dopo la sua lunga movimentata vita militare si ritirò nella sua villa di Gorgonzola, dalla quale nel 1579 dettò dettagliate disposizioni sulla navigazione dei barconi ospedale durante la peste, basate su una profonda e personale conoscenza del Naviglio.

Nel 1649 vi navigò la giovane Maria Anna d'Asburgo, proveniente da Vienna e diretta a Finale Ligure, dove l'attendevano le navi dello sposo, Filippo IV di Spagna.

Evento analogo si ebbe il 30 maggio 1708 quando un corteo accompagnò a Milano Elisabetta Cristina, duchessa di Braunschweig-Wolfenbüttel, futura moglie dell'imperatore Carlo VI e madre di Maria Teresa d'Austria. Il corteo si imbarcò a Trezzo alle 10 del mattino e giunse a Milano alle 8 di sera sotto un acquazzone torrenziale. Nei quindici giorni precedenti vi fu un tale traffico di merci pregiate e vettovaglie che il naviglio dovette essere chiuso alla navigazione ordinaria.

Anche l'arciduca Ferdinando, fratello dell'imperatore Giuseppe II, navigò sul Naviglio da Trezzo a Vaprio di ritorno dall'inaugurazione del Naviglio di Paderno mentre compì il resto del rientro a Milano a cavallo accompagnato da cani e battitori: la stagione di caccia era appena iniziata e i boschi dell'Adda erano una mèta allettante.

In epoca più recente fra i "navigatori" del Naviglio vi sono stati Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria, Cesare Cantù, il Parini e Luigi Marchesi, il celebre sopranista, ritiratosi a fine carriera, dopo avere calcato tutte le scene d'Europa, nella sua villa di Inzago.

Il percorso []

L'incile e Concesa []

La madonna del barcaiolo

"Abbiamo voluto...inoltre, che venissero costruite alcune case che ne ospitassero i custodi e che su una di queste fosse dipinta la Sacra Immagine della Beatissima Vergine...L'Immagine sacra sia poi venerata e curata con fede e amore...Per questo presentiamo e raccomandiamo tale Sacra Immagine alla cura dei Sacerdoti religiosi di Concesa. Questa è la nostra volontà: e così sia "esclusa ogni eccezione e contraddizione per sempre"! Dato a Milano, con l'impressione del nostro sigillo, il 1º luglio 1460, anno decimo del nostro governo". (Francesco Sforza)

La casa fu abbattuta nel 1947: per l'intervento del priore del convento, l'affresco fu staccato e sistemato in un tempietto all'interno del giardino monastico. Nel 1986 fu ricollocato nella ricostruita casa del "custode delle acque".

L'incile del Naviglio si trova in località Concesa in corrispondenza di una conca idraulica alimentata con la tecnica del sifone, mentre l'incile originario era situato poco più a monte: la sua posizione è attualmente contrassegnata da un grosso masso affiorante. Per il primo tratto, tra Concesa e Vaprio, il Naviglio corre in posizione parallela ma soprelevata rispetto al fiume, dal quale è separato con arginature. Lo costeggia l'alzaia, un tempo usata per il traino dei barconi e ora comoda pista ciclopedonale sterrata. Seguendo la sua corrente, alla destra i primi edifici storici che si scorgono sono, ancora in località Concesa, Villa Gina, costruzione neorinascimentale e attuale sede del Parco Adda Nord, e il Santuario della Divina Maternità, appartenente all'ordine dei Carmelitani Scalzi.

Vaprio d'Adda []

Proseguendo sull'alzaia, dall'altra parte del fiume Adda si scorge il villaggio operaio di Crespi d'Adda, entrato nel 1995 a far parte del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Poco più avanti, sulla sponda destra del Naviglio si trova un ruotone di ferro a 8 pale dal diametro di 7 m che era utilizzato per irrigare il pregevole parco della Villa Castelbarco Albani, sita sull'altura detta Monasterolo. Poco prima del ponte sull'Adda percorso dalla strada statale n. 11 si incontra la cartiera Binda ex "ditta Maglia e Pigna" con le bocche di alimentazione delle turbine (ora smantellate) per la produzione di energia elettrica. Nello stesso luogo operava fino a tutto il XVII secolo un maglio per la frantumazione delle pietre del Brembo usate poi nelle fornaci di Villa Fornaci; nel 1868 la cartiera entrò a far parte del gruppo "Cartiere Ambrogio Binda", già proprietario delle cartiere della Conca Fallata e di quella di Crusinallo (Omegna).

Oltrepassando il ponte della statale sulla destra si scorge, in cima a dei giardini a terrazze, Villa Melzi d'Eril, costruita nel 1482 sui resti di un precedente castello e rimaneggiata nei secoli successivi fino all'attuale aspetto neoclassico. Vi soggiornò diverse volte Leonardo da Vinci, su invito di Francesco Melzi. È controversa fra gli storici l'ipotesi sulla collaborazione di Leonardo alla creazione dell'affresco raffigurante la Madonna col Bambino (detta "Il Madonnone") che si trova nella villa; recenti studi ritengono più verosimile che l'autore fosse un suo allievo.

Prima di arrivare a Groppello, un altro bell'esempio di archeologia industriale, il cotonificio Archinto, poi Velvis (Velluti Visconti), edificato in stile neogotico.

Groppello d'Adda []

Presso il ponte di Groppello si trova un altro grande ruotone, il rudun, con un diametro di 7 metri, costituito da 8 pale e voluto da Carlo Borromeo nel 1618 per portare l'acqua a livello della strada e permettere così l'irrigazione degli orti e dei giardini della villa arcivescovile. L'acqua vi giungeva attraverso un canaletto posto a valle del ponte. Il ruotone attuale fu ricostruito fedelmente all'originale nel 1989, e successivamente nel 2009 (dopo che anni di incuria lo avevano ridotto ad un rudere). Il ponte ha la particolarità di essere neogotico con bugnati in ceppo nella parte a monte e a tutto sesto sul lato a valle. Vicino al ponte sono ancora visibili gli antichi lavatoi e, poche decine di metri più a valle, l'antica conca di navigazione.

La villa arcivescovile, separata dal naviglio da un ampio giardino, è situata in posizione sopraelevata tra Adda e naviglio; la costruzione attuale risale al XVI secolo anche se già dall'XI secolo vi si trovava la residenza permanente del procuratore dell'arcivescovo di Milano. L'edificio è a tre piani con pianta a U, le ali esterne sono rivolte all'entrata, alla quale si accede con una scala esterna a due rampe unite in un balcone centrale.

Avvicinandosi a Cassano d'Adda, poco dopo l'abitato di Fara Gera d'Adda situato dall'altra parte del fiume, si incontra il cosiddetto "Salto del Gatto": è il punto in cui il canale Villoresi sfocia nell'Adda.

Cassano d'Adda e Bellinzago []

La Martesana non entra nel centro cittadino, lasciandolo sulla sinistra, e descrive un'ampia curva ("la volta") a destra puntando a occidente. Una piccola deviazione consente di ammirare la splendida Villa Borromeo, neoclassica con spunti baroccheggianti, e i suoi giardini e arrivando all'Adda il Castello Borromeo, fortificato nelle attuali forme da Bartolomeo Gadio tra il 1451 e il 1474, che ospitò Carlo Magno.

Pochi chilometri e si giunge a quello che Cesare Cantù descrive come "uno dei più ameni luoghi di villeggiatura attorno a Milano". Costruite tra il 1500 e il 1800, nel borgo esistono ancora diciotto tra ville nobiliari e dimore patrizie, quasi tutte residenze estive di famiglie milanesi. La più caratteristica, sulla sponda destra della Martesana, è villa Aitelli: vista da lontano, col suo grande corpo di fabbrica rettangolare e l'alta torre ottagonale, sembra una chiesa col suo campanile. In realtà lo era e apparteneva alla congregazione degli Umiliati. Dopo lo scioglimento dell'ordine (7 febbraio 1571), san Carlo Borromeo la donò, assieme a una copia della Sindone, al suo segretario Ludovico Moneta. Sempre nel territorio di Inzago, prima di lambire Bellinzago Lombardo e la sua frazione Villa Fornaci, si incontra una conca dalle strutture metalliche molto ben conservate; risale all'ultimo periodo di utilizzo della Martesana come canale navigabile (prima metà del 1900), quando ancora scendevano a Milano i manufatti delle industrie e le pietre delle cave situate a monte.

Gorgonzola e Cernusco []

Entrando a Gorgonzola che attraversa interamente, la Martesana descrive un semicerchio a sud assecondando il tracciato dell'antica fossa difensiva che abbraccia l'antico borgo dov'erano numerosi gli approdi e, ancora oggi, i lavatoi; la scavalca un curioso ponte coperto, da Ca' Busca alla stretta alzaia in pietra, che ha l'aspetto di una piccola casa in legno, sospesa a mezz'aria. Lasciata la città natale del caratteristico stracchino erborinato, la Martesana incrocia il Molgora la cui sifonatura è stata recentemente rifatta, sfiora il territorio di Cassina de' Pecchi e varca il limite di Cernusco sul Naviglio; lambisce la città a sud, ma è accompagnata su tutto il territorio comunale dai tre chilometri di lunghezza del Parco azzurro dei germani, che comprende sulla sponda destra anche gli storici giardini pubblici e sulla sinistra vaste aree già destinate a parchi privati.. Nei pressi del centro cittadino, sulla sponda destra è possibile vedere una ruota idraulica (ricostruzione del 2007). Molti anni di accorta politica di acquisizioni e ampliamenti hanno portat Cernusco all'invidiabile standard di ben 40 metri quadrati di verde pubblico per abitante. Toccato Vimodrone e superato il Lambro col ponte canale a Cologno Monzese, la Martesana entra a Milano.

Il ponte coperto a Gorgonzola
InzagoTorreAitelli

Vaprio d'Adda

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English: Vaprio d'Adda is a municipality in the province of Milan, Lombardy, Italy
Italiano: Vaprio d'Adda è un comune della Provincia di Milano in Lombardia in Italia
     
     
Naviglio Martesana and bridge across the Adda between Vaprio and Canonica
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Vaprio d'Adda (Vavar in dialetto milanese) è un comune di 7.505 abitanti (al 31/12/2008) della provincia di Milano. È attraversato dal naviglio della Martesana.

Il comune sorge a metà strada tra Bergamo e Milano, ed è situato sul confine tra le due province segnato dal fiume Adda, sul versante milanese. Presenta edifici, religiosi e non, di notevole interesse storico ed artistico quali:

  • I resti della Chiesa di San Bernardino databili nel periodo romano - tardo romano;
  • La Chiesa romanica di San Colombano, risalente addirittura al XII secolo;
  • La Chiesa Parrocchiale neoclassica dedicata a San Nicolò, edificata nel XIX secolo su progetto di Luigi Cagnola e sede del grande Organo "Bernasconi", recentemente restaurato;
  • Villa Melzi dove Leonardo da Vinci soggiornò per i suoi studi sulla canalizzazione delle acque nel milanese e dove prese come discepolo prediletto Francesco Melzi D’Eril (i segni della sua presenza sono testimoniati da scritti e disegni nonché da un affresco su grande tondo raffigurante una Madonna con bambino attribuibile se non allo stesso Leonardo perlomeno alla sua Scuola);
  • Villa Castelbarco, attualmente sede di un Ente Fiera di Arte e Cultura;
  • Altre ville del diciottesimo/XIX secolo: Villa Monti Robecchi, Villa Pizzi, Ville Archinto, Villa Visconti di Modrone, Villa Paleni;
  • Lo storico stabilimento Duca Visconti di Modrone, fondato nel 1839.
Le tracce della sua fondazione si sono perse. Alcuni studiosi ritengono che, in origine, Vaprio d'Adda nasce come "Castrum" nell'intorno dell'anno 300 d.C. con l'erezione del primo ponte sul fiume Adda denominato "Pons Aureoli", dal generale romano che lo fece costruire. Alcuni monaci colombaniani, provenienti da Bobbio, fanno risorgere, intorno al 620, questo castrum abbandonato per anni trasformandolo in un insediamento monastico-rurale. Dobbiamo risalire al 990 per trovare in un documento Vapris. Il toponimo, però, potrebbe essere di origine celtica oppure latina ricollegando il nome a "vadulum", cioè piccolo guado. Secondo una antica leggenda, il nome del paese deriverebbe da "Aper" ovvero cinghiale, probabilmente dovuto al fatto che il territorio era infestato da mandrie di cinghiali. Nel Medioevo, Vaprio ha un ruolo strategicamente importante: fa parte della linea difensiva dell'Adda che comprende i castelli di Trezzo, Cassano e Brivio. Delle vicissitudini del borgo è testimone il castello abbattuto e ricostruito più volte. Ricostruito ne 1281, diviene baluardo della famiglia Torriani. Qui, nel 1324, i Ghibellini milanesi riportano una vittoria sui Guelfi durante la crociata di questi ultimi contro il potere visconteo. Il castello è anche uno dei presidi militari durante gli scontri tra Francesco Sforza e la Repubblica di Venezia. Di questa struttura fortificata oggi non rimane traccia. Nel 1483, Giovanni Melzi, consigliere ducale degli Sforza, ristruttura Villa Melzi, nella quale soggiorna, tra il 1506 e il 1513, anche Leonardo Da Vinci, ingegnere ducale nella Milano di Lodovico il Moro. Dal 1535 al 1700 la Lombardia cade sotto il dominio spagnolo che segna la decadenza del Ducato di Milano. E questo un periodo di grandi carestie e pestilenze. Famosa quella del 1630 descritta dal manzoni ne "I Promessi Sposi". Nel Settencento il Ducato di Milano passa agli austriaci e Vaprio, come tutta la regione, si avvia ad un grande progresso sociale ed economico. Grazie al buongoverno austriaco la vocazione imprenditoriale lombarda il riceve il giusto impulso e stimola la crescita economica e culturale. Nel 1763 l'imperatrice Maria Teresa d'Austria sceglie Vaprio come residenza di caccia del duca Francesco III d'Este, governatore della Lombardia. Nel 1799 Vaprio è nuovamente teatro di scontri tra le truppe italo-francesi e le truppe austro-russe nella battaglia dell'Adda. I difensori della Repubblica Cisalpina, costiuitasi sotto l'egida di Napoleone, soccombono sotto l'incalzare dei restauratori che, il 28 aprile, entrano in Milano. Dopo l'intermezzo napoleonico, con la Restaurazione del 1815 nasce il Regno Lombardo-Veneto sempre sotto il dominio austriaco. Nell'Ottocento a Vaprio sorgono filande e stabilimenti tessili. Nel 1818, dopo quattro secoli, finalmente il traghetto utilizzato per passare da una sponda all'altra dell'Adda è sostituito da un pointe di legno la cui costruzione è voluta dal sindaco Cesare Castelbarco. Il ponte sarà distrutto nel 1859 e ricostruito, prima in ferro, poi in acciaio e quindi in cemento armato tra il 1954 e il 1957. Nel 1859, con la pace di Zurigo e l'annessione della Lombardia al Piemonte, si conclude con il Risorgimento lombardo. Nel 1861 nasce lo Stato italiano. Nel censimento di quell'anno, a Vaprio vengono contati 3.240 abitanti che diventano 6.508 alla fine del XX secolo. Il XX secolo ha visto le lotte operaie, l'occupazione delle fabbriche, il fascismo, le due guerre a cui Vaprio dà il suo contributo di morti, 64 caduti nella I Guerra Mondiale e 50 nella II Guerra mondiale.
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Castello di Trezzo d' Adda

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IL TRAGHETTO DI LEONARDO

Il Traghetto di Leonardo è un particolare tipo di traghetto a mano che prende il nome dal suo presunto inventore, Leonardo da Vinci. L'unico esemplare tuttora funzionante unisce i moli di Imbersago (Lecco) e Villa d'Adda (Bergamo).Imbersàgo è in Provincia di Lecco (Imbersàch in dialetto brianzolo), Villa d'Adda è in provincia di Bergamo , (Ela d'Ada in dialetto bergamasco, e Vila o Vela d'Ada in dialetto brianzolo). Sono stati Paesi di confine fra Ducato di Milano e la Serenissima, fra Brianza lecchese e Bergamasca.Entrambi i comuni nel passato afferivano od hanno afferito alla Pieve di Brivio.

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Nonostante il nome, non v'è certezza che Leonardo sia il reale inventore, di sicuro si sa che studiò a lungo il progetto nel periodo che passò a lavorare per Ludovico il Moro, signore di Milano.

In seguito ai suoi studi disegnò un traghetto uguale in tutto e per tutto a quello esistente tuttora ad Imbersago. Gli studi vennero effettuati dall'inventore durante il proprio soggiorno a Vaprio d'Adda sotto al Girolamo Melzi, negli anni 1506-1507; il disegno che ne risultò, datato 1513, è stato incluso nel Codice Windsor e viene conservato nell'omonimo castello in Inghilterra. Il famoso disegno del "porto della Canonica di Vaprio" raffigura il traghetto (detto "porto") vincolato ad una fune, modello comune a tutto il corso del fiume.
Nel novecento, durante la gestione dei Castelbarco, esisteva una sola licenza di pesca, che veniva assegnata dai conti al gestore del traghetto, Pietro Magni, che fungeva anche da guardiapesca. Negli anni cinquanta Costante Magni inserì un disco tra i due rulli del traghetto. In questo modo il cavo non avrebbe più potuto scorrere verticalmente, ferendo accidentalmente qualcuno. Vennero anche aggiunti dei tiranti al palo presente sulla piattaforma.
Tra le due sponde del fiume è stato teso un cavo d'acciaio, a cui è affrancato il traghetto. Il traghetto trae il movimento dalla corrente del fiume, rendendo inutile l'uso di un motore. L'esemplare tuttora in funzione permette di portare fino a 100 persone e 5 automobili, grazie alla superficie di 60mq, e viene fatto funzionare da una sola persona. Il manovratore opera su un timone per orientare il traghetto mentre, con l'uso di un bastone in ferro, agisce sul cavo d'acciaio dando la spinta iniziale.

Non appena i due scafi si trovano in posizione obliqua, la corrente ne permette la traversata.

Il traghetto di Olginate aveva un funzionamento leggermente differente, essendo ancorato ad un palo conficcato al centro del fiume. In questo modo il traghetto faceva un movimento a pendolo, costringendo i manovratori a completare a remi la traversata.

PONTE DI PADERNO D ADDA

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CRESPI D ADDA

Crespi d’Adda è stata costruita nel 1877 dalla famiglia Crespi. Appartiene alla provincia di Bergamo. La città è vicina al fiume Adda.
Cristoforo Benigno Crespi decise di costruire delle case per i suoi operai e le loro famiglie, allestendo un cotonificio. Sul fiume Adda è stata costruita anche una centrale idroelettrica, perciò le case furono dotate di un impianto di corrente. Nel paese erano presenti servizi pubblici, come scuole, ospedali, uffici e un cimitero.

Il cimitero è particolare, grazie al grande monumento dedicato alla famiglia Crespi, cioè una piramide costruita al centro del cimitero. Attorno alla costruzione, ci sono le tombe delle famiglie più ricche, molto più elaborate rispetto a quelle più povere, segnate solo da una semplice croce di pietra. 
Dal 5 dicembre del 1995, Crespi entrò a far parte della lista del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO (World Heritage Sites).

Storia Il villaggio in stile Liberty, venne costruito durante l'ultimo quarto del XIX secolo dalla famiglia Crespi, che scelse quest'area, vicina al fiume Adda, per costruire una tessitura. La fondazione si fa risalire al 1877, anno in cui il bustocco Cristoforo Benigno Crespi acquistò 85 ettari di terra dai comuni di Capriate San Gervasio e Canonica d'Adda. I lavori di costruzione vennero affidati all'architetto Ernesto Pirovano e all'ingegnere Pietro Brunati.

L'ambizioso progetto di Crespi prevedeva di affiancare agli stabilimenti -similmente a quanto già accadeva nell'Inghilterra della rivoluzione industriale- un vero e proprio villaggio che ospitasse gli operai della fabbrica e le loro famiglie. Il neonato insediamento venne dotato di ogni struttura necessaria: oltre alle casette delle famiglie operaie (complete di giardino ed orto) e alle ville per i dirigenti (che vennero costruite in seguito), il villaggio era dotato di chiesa (copia identica, ma più piccola, del Santuario di Santa Maria di Piazza di Busto Arsizio), scuola, cimitero, ospedale, campo sportivo, teatro, stazione dei pompieri e di altre strutture comunitarie.

Il cimitero di Crespi d'Adda, realizzato dall'architetto Gaetano Moretti (cui i Crespi avevano commissionato anche i lavori di realizzazione della centrale idroelettrica di Trezzo sull'Adda), è dominato dalla tomba della famiglia Crespi: una piramide con scalone monumentale, di stile eclettico e di gusto esotico, affiancata da due ampie esedre che sembrano idealmente simboleggiare l'abbraccio della famiglia Crespi a tutti gli operai del villaggio. Nel prato di fronte al famedio dei Crespi vi sono piccole croci disposte in modo ordinato e geometrico, mentre le tombe più elaborate sono allineate lungo i muri di cinta, memoria della stratificazione sociale della comunità. Negli ultimi decenni, tuttavia, il cimitero ha perso parte del suo originario rigore: tombe e monumenti recenti si sono sostituiti o aggiunti alle originali sepolture. Il cimitero è tuttora in funzione, caro alla comunità locale.

[modifica] Crespi e l'Unesco Intorno all'inizio degli anni 1990 nel Comune di Capriate San Gervasio venne proposto un piano regolatore che prevedeva nuove edificazioni nell'area del villaggio operaio. Il Centro Sociale Fratelli Marx (CSFM), una associazione culturale locale conscia dell’eccezionale valore della company town, volle contrastare questa volontà politica, decidendo di tentare l’iscrizione del sito di Crespi d’Adda nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Il CSFM costituì - con Legambiente e alcuni abitanti del villaggio - la Consulta per Crespi, che iniziò un’opera di informazione e pressione sui politici e gli organi di informazione locali per scongiurare l’applicazione del piano urbanistico. L’operazione di lobbying ebbe successo: l’Amministrazione si convinse a non realizzare le edificazioni previste nell’area storica del villaggio e addirittura decise di appoggiare la richiesta di inserimento nella Lista. Nel 1994 incaricò formalmente il CSFM di redigere il dossier di nomination da presentare all’Unesco: gli estensori furono Andrea Biffi ed Enzo Galbiati (con Pedroncelli ed Emilio Cornelli). La nomination venne presentata nel corso di un convegno internazionale a cui partecipò tra gli altri Giancarlo Riccio, ambasciatore diplomatico e all’epoca Condirettore del Centro per il Patrimonio Mondiale UNESCO di Parigi (che si sarebbe rivelato determinante per l’inserimento di Crespi nella Lista). Nel 1994 i siti italiani candidati all’ingresso nel Patrimonio Mondiale furono il centro storico di Siena, Napoli, Ferrara e il villaggio operaio di Crespi d'Adda (tutti e quattro furono poi inseriti nella lista). Un po' di folklore: pare che Giancarlo Riccio – che faticò non poco a convincere la Germania ad accettare quattro siti italiani in una sola volta – per dare una mossa al comitato napoletano per la nomination (il cui principale sponsor fu Carlo Azeglio Ciampi) nel corso di una telefonata abbia urlato: "Datevi una mossa! Quattro ragazzetti spettinati di Crespi hanno fatto meglio di voi, rappresentanti di una delle maggiori città italiane…"

Il 5 dicembre 1995 il Villaggio operaio di Crespi è entrato a far parte della Lista del Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. È uno degli esempi meglio conservati di villaggio operaio industriale che esistano al mondo. Contrariamente a siti analoghi, la parte industriale è stata funzionante fino al 2004 e le abitazioni sono tuttora utilizzate.

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CONCESA

Terra Milanese della Martesana,
tra la rocca di Trezzo e quella di Vaprio,sulla riva destra del fiume
Adda,Concesa domina la piccola valle che scende scoscesa e selvaggia per aprirsi
improvvisa in verde terrazza sino al fiume. Paesaggio naturalmente affascinante
e splendido,mutato ma non alterato dalla moderna tecnica del naviglio Martesana.
Una manciata di case padronali nei primi secoli del secondo millennio dell'era
cristiana,un castello sullo sperone roccioso a picco sul fiume ed una chiesa
parrocchiale,testimonianza di fede e devozione mariana. Il 15 settembre 1520 il
parroco Giovanni Pietro Qualea inaugurò la nuova chiesa parrocchiale costruita
nello stesso luogo e sotto la medesima invocazione della Vergine Assunta della
precedente. Qui scaturiva davanti a una devota immagine una fonte assai famosa
per le virtù miracolose di risanare gli infermi. Non si sa con precisione in
quale anno ma la sorgente si inaridì,qualche tempo dopo più in basso,sotto la
costa,riapparve una nuova sorgente e si costruì un cappelletta dedicata alla
Madonna. Vista la devozione che la popolazione aveva nei confronti della Madonna
dopo diverse vicissitudini le 1621 venne posta la prima pietra per la
costruzione di un santuario,ci vollero sei anni per terminare i lavori fu
costruito in stile barocco lombardo,venne abbellito con marmi,quadri,affreschi e
con tutti gli arredi e suppellettili necessari per il mantenimento del culto
divino. Finalmente,il cardinale trasferì la miracolosa immagine della Madonna
dalla modesta e primitiva cappelletta alla nuova e più degna sede  marmorea
sopra l'altare maggiore del nuovo santuario era il 3 settembre 1641.L'amore e la
venerazione che da lunga data nutriva per l'Ordine dei Carmelitani Scalzi di
Santa Teresa,indussero il cardinale Monti a mettere nelle mani dei Padri il più
caro tesoro che è l'immagine miracolosa e la chiesa di Nostra Signora con la
promessa della fondazione di un convento di detta religione.


La chiesa in stile barocco formato da una sola navata, a capo del quale si erge
l'altare maggiore ai due lati si aprono quattro cappelle. L'altare maggiore,
composto da marmi policromi,racchiude l'immagine della Vergine col Bambino. E'
adornata da quatto statue di angeli esultanti che fanno corona alla loro Regina.
Verso la fine del secolo scorso,il presbiterio dell'altare maggiore fu
arricchito da due affreschi: la presentazione di Gesù al Tempio e la salita al
monte Calvario. Anticamente il santuario era ricco di preziosi paramenti,donati
dai Sig. di Milano, ma durante le guerre napoleoniche andarono persi sei
candelabri e cinque lampade d'argento, ma prima ancora nel 1658, per opera dei
Lanzichenecchi e dopo sotto l'Imperatore Giuseppe II D'Austria, si perpetrarono
sottrazioni che spogliarono il santuario di ogni suo bene.

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CANONICA D ADDA

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FARA GERA D ADDA
ponte di legno sul fiume Adda

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Cornate d’Adda

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CASSANO D ADDA

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1  LIMONAIA   2  GALLERIA (1° P.)   3  BIBLIOTECA (1° P.)   4        SALA AZZURRA   5       SALA DEL CAMINO    6        SCUDERIE   7        GALOPPATOIO   8        TERRAZZA SUL NAVIGLIO   9        TERRAZZA SUL BOSCO   10        SALA DEL CONTE   11        SALA DEL COTTO   12         SALA DEL COLONNATO   13        CORTE INTERNA   14        TEATRINO   15        CAPPELLA   13 b     CORTE MERIDIANA   16     UFFICI         SALE SOTTERRANEE
A Vaprio d'Adda, in provincia di Milano, sorge lungo il Naviglio della Martesana ed il fiume Adda, la maestosa Villa Castelbarco, immersa in una stupenda cornice naturale di ottocentomila metri qudrati di parco dove è ancora possibile scorgere cervi e daini in libertà. Struttura privata in grado di rispondere alle esigenze di funzionalità del presente nell'elegante cornice architettonica del passato.

L'inizio dell'insediamento è databile intorno al 1100 circa, periodo in cui, secondo alcuni studiosi in questa zona fu costruito dai frati Cistercensi un convento in seguito alla distruzione di quella che potrebbe essere definita la sede "centrale", risalente al secolo VII, presumibilmente situata dove oggi sorge la chiesa di San Colombano in Vaprio d'Adda.
La struttura originaria sembra infatti essere assai semplice ed appartenere quindi ad una presenza monastica riconducibile alla tradizione austera promossa dai Discepoli di San Colombano (540 - 615), che diffondevano il messaggio del Santo Irlandese.

L'architettura della Villa così come è ancora leggibile oggi, permette di individuare i vari corpi di fabbrica disposti attorno al cortile adiacente alla chiesa che, diviso da un duplice porticato, poteva essere il chiostro a volte doppio. Affiora così il senso di un legame unitario che accentra attorno al luogo di culto funzioni diverse: la sala capitolare, il refettorio, i dormitori... L'utilizzazione monastica dell'area continuò presumibilmente anche dopo la creazione della residenza nobiliare.

A testimonianza di ciò sono da citare: una visita pastorale alla comunità monastica di Padre Leonetto Clavonio nel 1570, inoltre informazioni cartografiche riportate in una mappa storica del '600 che illustra il percorso del Naviglio della Martesana e che individua a Sud di Concesa ed a Nord di Vavero il "Monastero".

Nel '600 la residenza che "sorge aull'aprica altura di Monastirolo donde l'occhio s'allegra d'un ampio e magnifico prospetto" (Cesare Cantù), diviene una modesta casa di campagna detta "La Contessa". Fu il Conte Giuseppe Simonetta, allorchè entrò in possesso del complesso all'inizio del '700, a trasformare l'antico monastero in "Villa delle Delizie". (Madame De Bocage visita in quell'epoca la villa ed il giardino della sua amica Contessa Simonetta a Vaprio dalla quale si gode una vista che è un "admirable tableau").

Risale a quell'epoca la ricostruzione della Chiesetta con campanile e la realizzazione dell'esedra, nonché la creazione del cortile di servizio. Della Chiesetta, dice lo studioso Tencajoli che visitò la villa nel 1908 e pubblicò un articolo dedicato al Monastero sulla Rivista "Ars et Labor": "... pulita, fresca, artistica, vero tipo della cappella padronale d'altri tempi. Lo stile interno è prevalentemente barocco con buoni affreschi e stucchi alle pareti ed al soffitto; una profusione di marmi dei più svariati colori getta una nota gaia che piace e fa strano riscontro ai numerosi quadri di primitivi, tra i quali un'impressionante Crocefissione...... Nel mezzo della chiesuola riposano le ceneri del Conte Giuseppe Simonetta, fondatore della villa, assieme a quelle del pronipote Giuseppe Castelbarco....."

Un riferimento scientifico attendibile della consistenza del complesso nella prima metà del '700 è fornito dalla mappa del territorio di Vaprio - Pieve di Pontirolo - redatta dal Geometra Gio Batta Molfi per la "Misura generale del Nuovo Censimento" nel 1721 (Catasto Teresiano). In quel periodo il complesso di Monasterolo era di proprietà del Conte Giuseppe Simonetta.

La chiesetta era distinta dal corpo principale organizzato intorno a due cortili, il primo dei quali (ad est) di pianta quadrata, il secondo, aperto sul lato ovest, di pianta rettangolare. Importanti considerazioni si possono fare esaminando l'assetto territoriale della zona riportato nella tavola catastale:

1. la via per Concesa è tangente al palazzo ed alla Chiesa;
2. i giardini francesi sono collegati ad est verso il Naviglio della Martesana;
3. sulla sponda del Naviglio è segnalato un fabbricato definito "sito delle fornaci del Conte Giuseppe Simonetta".
Con i Castelbarco la villa assunse il suo massimo splendore. Il Conte Cesare, amante delle belle arti e delle lettere, l'ampliò con saloni di rappresentanza, raddoppiò l'ala Sud (limonaia), edificò sulla spianata a lato del terrazzo due palazzine in stile impero adibite l'una a Museo, l'altra a Teatro, e realizzò le Gallerie sotterranee.

La villa fu resa "magnifica e degna sede per ogni sorta di comodi e di sontuosità". Anche il parco di oltre 1200 pertiche ebbe le sue cure, intersecato da laghetti, da larghi viali fiancheggiati da statue, da tempietti, da fagianiere nel gusto romantico dell'epoca.

Scrivono di Monasterolo: L'Abate Giuseppe Barbieri in una epistola diretta al Conte Cesare Castelbarco dopo una sua visita all'incantevole sito: "...dove il Brembo si marita con l'Adda, alta risurge nobilissima villa, il cor mi prese d'alto diletto.... Ma l'eccelsa magion che a dignitosi ozi t'è grata, di cotante ornasti meraviglie così, ch'altro o simile dall'Olona al sebeto io mai non vidi...."

Lo storico Cesare Cantù - Storia di Milano e Sua Provincia - nel 1858: "....La Villa Castelbarco (Monastirolo) è una delle più notevoli di Lombardia. In essa ammiransi belle sale adorne con lusso, ad una delle quali può darsi il nome di museo per la locazione di buone pitture, rari animali, curiose anticaglie e bizzarrie. Stupende sono le gallerie sotterranee tutte a mosaici, disposte con tanta varietà di gusto e finezza d'arte, che ne risulta il più gradito piacere all'occhio.


Ivi son profuse in un cornicione quelle grandi conchiglie de' mari tropicali, di d'accanto, e quando ti spagliano dinanzi in minutissima pioggia. L'annesso giardino misura oltre 1200 pertiche ed è intersecato da vie comode ai cocchi, ed ornato di cascine, tempietti, uccellerie, fagianiere, ed altri edifizi pittoreschi. Cinti da tre parti di muro, scende l'altra verso il Naviglio, sul quale è un ponte che mette ad una penisola tra esso e l'Adda. Dal suo terrazzo godonsi de' bei panorami dei villaggi del Bergamasco, e dell'ex contrada della Martesana". Nel secondo era originariamente ospitata la pinacoteca trasformata nella prima metà del '900 in bagno termale. Le gallerie decorate, fatte scavare dal Conte Carlo Castelbarco negli anni 1835 - 1838 rappresentavano una delle grandi attrattive della Villa. Sono composte da parecchie sale prospicienti una vasta terrazza cha dà sul Naviglio e sull'Adda. Così le descrive lo studioso Tencajoli all'inizio del secolo: "Stupende sono le gallerie sotterranee tutte a mosaici, disposte con tanta varietà di gusto e finezza d'arte, che ne risulta il più gradito piacere all'occhio. Ivi sono profuse in un cornicione quelle grandi conchiglie de' mari equatoriali, di cui una sola considerasi ornamento alle nostre sale. Vi si incontra un oratorio parimente a mosaico, ed a fini marmi, con oggetti preziosi per isquisitezza di lavoro e per antichità. Scorrendo quelle gallerie vedi copiosi getti d'acqua, che or ti si presentano in belle cascate, ora in limpidi zampilli, e quando ti si spicciano improvvisi d'accanto, e quando ti si spagliano dinanzi in minutissima pioggia". "....nella sala romana, tra numerose antichità provenienti dagli scavi di Roma e dal Lazio, si trovano i busti di Elena Albani e del Duca Litta di lei consorte; in un angolo si vede anche il busto di Clemente XI (Francesco Albani) e quelli degli imperatori romani Commodo, Teodosio, Lucio, Elio, Aurelio, lapidi funerarie, frammenti ecc. Nella sala marittima, con le pareti ricoperte di conchiglie rarissime, si vede la statua del Dio Nettuno, e quella pare, di un re longobardo oppure di un Doge di Venezia, ed una statuetta di un fanciullo di casa Castelbarco.


      Un trofeo romano serve come lampadario. Nella sala raffaellesca primeggia una meravigliosa statua di Ercole col corno dell'abbondanza strappato da lui al fiume Achelòs: statua che si erge sopra un'ara romana di molto pregio. In questa stessa sala si vedono i busti di Raffaello Sanzio, di Giulio Cesare, di Cicerone, di Livia, di Messalina ecc; medaglioni coi profili degli imperatori Galba, Britannico ed altri in pietra arenaria di due visconti signori di Milano. Nella sala egizia si ammira una deità dell'epoca dei Faraoni, con la testa di leone ed il rimanente del corpo in forma umana, e di rispetto una tomba ed un cippo con l'iscrizione in egizio antico, alcune sfingi e colonne istoriate.

Nella sala etrusca spicca il busto di Cleopatra, che sarebbe per altro da porsi nella sala precedente; disposti in ordine su tavoli di pietra e sul pavimento, si vedono molti vasi di terracotta, otri, stoviglie ed altri oggetti trovati negli scavi toscani. Dopo queste cinque sale, si entra in un Oratorio sul cui altare poggiano quattro candelabri di marmo, con in mezzo una croce di lapislazzuli, nonché una graziosissima testa di bambino, pure in marmo, con un pugnale conficcato nella gola. Sotto il tavolo vi è un altro bambino in marmo finissimo, lavoro cinquecentesco.

Uscendo dall'Oratorio, si incontra un corridoio con adiacenti piccoli sotterranei, in fondo al quale esiste una piccola cascata artificiale.

Nei muri di questi piccoli vani sono incastrati medaglioni - busti dei dodici Imperatori della famiglia Cesarea. Nel mezzo sorge un lavello con getto d'acqua, con attorno piccoli delfini che irrorano acqua, il tutto di sorprendente effetto. Quindi una lunga e stretta galleria, adorna di busti e statue, congiunge questi sotterraneiafico circa la consistenza della tenuta, è fornito dalla "Mappa del Comune di Vaprio d'Adda - Provincia di alle serre dove crescono rigogliose le orchidee e fruttificano gli ananas. Un secondo riferimento cartogrMilano del 1866 (Catasto del Regno d'Italia).

Il complesso principale si presenta pressochè come ai giorni nostri, caratterizzato dal sistema dei tre cortili, con l'ala raddoppiata (limonaia) e i giardini all'italiana lungo l'ala sud stessa.

Risalgono alla prima metà dell'800 le stalle a Nord (denominate Arsenale), il maneggio coperto e le scuderie, nonché le serre, la Fasanera e la Cascina Cartiera. La via per Concesa segue ancora il tracciato del '700 tangente al complesso; mentre compaiono il viale dei Tigli, che collegava il palazzo alla strada che "da Grezzago mette a Vaprio" ed il viale che dal piazzale col Teatro ed il Museo conduce al cancello dei Leoni in Località Cascine San Pietro.

Risale agli inizi degli anni 1950 circa la rettifica del tracciato di Via per Concesa, voluta dai Conti Quintavalle, proprietari della villa fino al 1975, dopo i Massimini che subentrarono a loro volta ai Castelbarco.
La tenuta Castelbarco Albani si presenta costituita da zone verdi omogenee, distinguibili per organizzazione e destinazione d'uso. Entrando da quello che oggi è diventato l'ingresso principale (lato ovest) una lunga linea di tigli (Tilia Cordata o Tomentosa) si sussegue in maniera ordinata lungo tutto il percorso. Originariamente quest'ultimo comprendeva anche il tratto oltre il muro che oggi circonda la tenuta Castelbarco.

Tale divisione fu voluta dai Conti Quintavalle una volta entrati in possesso della proprietà nel 1950 circa. Oltrepassando il cancello ha inizio il parco. Esso presenta l'organizzazione tipica del giardino all'italiana. Lateralmente ai tigli si apre una vasta zona verde oggi utilizzata per la coltivazione del foraggio.

Anticamente il Conte Bruno Antonio Quintavalle aveva organizzato questo stesso spazio come circuito ippico creando in esso degli ostacoli naturali di siepi di ligustro (Ligustro Ovalifolium) in parte ancora oggi visibili. Prospiciente il lato sud della villa troviamo ancora il giardino all'italiana.

Quattro magnolie della Virginia (Magnolia Grandiflora) di circa duecento anni ciascuna, racchiudono uno spazio di terreno pianeggiante. Siepi di bosso (Buxus Sempervirens) circondano parterre erbosi dalla forma geometrica. Al centro, fra due maestosi cipressi calvi (Taxodium Distichum) di circa duecento anni, una fontana di pietra sembra voler suggerire, ancora di più, l'idea di ordine scenografico dell'insieme. Le dimensioni non interrompono la visione prospettica del viale dall'interno della villa ne, guardandolo dall'esterno, il disegno della facciata. All'origine l'ingresso nobiliare era da questa parte.

Le carrozze, dopo aver percorso il viale da sud, ed essere passate fra le due costruzioni gemelle (teatrino e bagno termale), si fermavano presso la fontana, vicino alle cosiddette "Sale del Conte" (le più sontuose dell'intera residenza). Questo percorso così studiato, voleva creare meraviglia e stupore nei visitatori che giungevano alla villa (il colpo d'occhio prospettico era indubbiamente di grande effetto).

Parallelo all'ingresso nobiliare vi è tuttora una strada più stretta lungo la quale crescono dei gelsi penduli da innesto la cui funzione è decorativa. Alla stessa altezza, ma sul lato opposto, circondata da un muro di divisione è situato l'ex orto botanico. Nell'Ottocento gli edifici oggi visibili al suo interno erano utilizzati come serre. Accanto al teatrino sorge un imponente gruppo di bambù (Bambu Metoke) le cui radici hanno circa duecento anni. Questa massa verde, compatta e svettante (gli esemplari maggiori raggiungono un'altezza di circa 12 metri), aveva in epoca passata una funzione ornamentale e di uso edilizio: i bambù, infatti, venivano impiegati nella costruzione di impalcature e strutture di sostegno.

Nel tratto orientale del parco il paesaggio muta: alla geometria illuminista del giardino all'italiana si contrappone la suggestione romantica del giardino all'inglese, nel quale la vegetazione si presenta trasformata secondo un'idea primordiale della natura. Lungo il percorso infatti, si può notare il netto cambiamento della vegetazione sia per un evidente declivio a forte pendenza verso il naviglio Martesana, sia per la maggiore presenza d'acqua nel terreno (oltre al naviglio in lontananza scorrono anche il Brembo e l'Adda).La scarpata presenta alberi ad alto fusto chiamati dagli abitanti della zona "bagolari o spaccasassi", specialità botaniche originarie dell'Australia, per questa loro capacità di penetrare con le radici nei terreni più sassosi.

La funzione di questi alberi, oggi come allora, era quella di evitare che la scarpata cedesse per effetto delle piogge. Attorno alla piscina, di costruzione più recente, si trova uno splendido gruppo di faggi tricolor e penduli (Fagus Selvatica Purpurea e Tricolor), oltre ad un esempio di magnolia coreana "denudata" (Magnolia Conspicua). Quest'ultima, pur essendo circondata dal cemento della piscina, ha raggiunto un'età di circa cento anni. In tarda primavera, il momento della fioritura offre uno spettacolo incantevole per colore e fragranza.

Due splendidi agrifogli di cento anni ciascuno, dalle maestose proporzioni, concludono il primo tratto della scarpata che, da questo punto in avanti, prosegue ad un livello più basso, sempre in discesa. La disposizione raggruppata di alberi della stessa famiglia ha la funzione di facilitare la loro riproduzione.

Ad un'attenta osservazione si potrà notare che il terreno attorno a determinati gruppi di alberi è disseminato di minute pianticelle appartenenti appunto alla stessa specie. In questa parte del giardino sono da notare due querce (Quercus Ilex) secolari. Purtroppo un fulmine ne ha colpita una. Proseguendo nel cammino, mentre a destra si susseguono alberi centenari quali: tigli (Tilia Tomentosa), tassi (Taxus Baccata), camaciparis (Chamaecyparis), a sinistra ci accorgiamo dell'intervento artificiale dell'uomo nel paesaggio: archetti, sottopassi, gradini in tufo, creano uno scenario pittoresco e nello stesso tempo, inserito nella natura. L'insieme arboreo crea una penombra suggestiva ed in completo contrasto con la luminosità solare del giardino all'italiana.

In prossimità del naviglio, oltrepassato il ponticello di ferro, sulla sinistra è situata una varietà di cedro (Cedro Atlantica) interessante per la sua forma a candelabro, ottenuta con anni di paziente lavoro. Per queste caratteristiche e per le sue proporzioni eccezionali, tale albero rappresenta forse l'esemplare più rilevante, da un punto di vista botanico, di tutta la tenuta Castelbarco. Al suo fianco è situato un gruppo di sempreverdi della stessa famiglia (Cedri Deodara) che ha la funzione di proteggere dai venti da nord il Cedro Atlantica. Prima di risalire alla Villa incontriamo una zona boschiva recintata denominata "Il Bosco".

Un tempo essa era la riserva di caccia dei signori Castelbarco, oggi invece vivono all'interno, protetti ed in completa libertà, animali di diverse specie, in particolare circa 80 daini che osservati nel loro habitat naturale, offrono uno spettacolo fiabesco ed un raro esempio di conservazione faunistica.

L'impianto vegetale di quest'area comprende: ciliegi, robinie d'innesto, querce rubra e roverella, carpini bianchi, castagni, allianto infestante, oltre a specie già descritte precedentemente (bagolari, cedri deodara, camaciparis ecc.). Tutta la tenuta Castelbarco, oggi, è sotto tutela del Parco dell'Adda.
L'idea di utilizzare l'ombra proiettata da uno stilo (gnomone) per misurare il trascorrere del tempo, è così vecchia che va più indietro della storia e si perde nella preistoria dell'uomo.
Nel corso delle varie epoche le meridiane e gli orologi solari in genere, si sono modificati nella tecnica, negli scopi per cui erano costruiti, nelle decorazioni e nei motti che li accompagnavano, e costituiscono quindi un'importante testimonianza della storia e del costume per epoca e per zona geografica.

Ai giorni nostri, l'uomo sembra aver dimenticato questo tipo di strumento, almeno a giudicare dal fatto che molte meridiane non sono manutenzionate, mentre altre spariscono nel corso di restauri affrettati, mentre è raro assistere alla costruzione di nuove. Eppure questo strumento continua ad esercitare un grande fascino ed è dotato di caratteristiche persino… moderne, perché non consuma energia, non si consuma, non ha bisogno di pile, non inquina.
Molto interessanti sono anche i motti riportati su alcune meridiane, spesso in latino ed altre volte nella lingua del posto. Un motto tra i più ricorrenti è 'hora non numero nisi serenas', mentre un altro che fa molto riflettere è 'vulnerat omnes ultima necat'.

La meridiana di Villa Castelbarco appartiene a quel tipo - peraltro tra le più diffuse - dette ad ore francesi (cioè contate come le attuali) nelle quali il grafico ha l'aspetto di un ventaglio capovolto ed il Mezzogiorno è indicato da una linea verticale evidenziata, in questo caso da una freccia.
Questo tipo di meridiane sono state introdotte nel 1700 da leggi Napoleoniche con l'idea di sostituirsi ad altri sistemi locali.
La meridiana di Villa Castelbarco consente di leggere le ore da prima delle ore 9 ad oltre le ore 15, apprezzandone facilmente i dieci minuti; consente di intuire anche le stagioni grazie alla linea trasversale che è la linea equinoziale, la linea cioè dove il sole si muove in due particolari giorni dell'anno che sono l'Equinozio di Primavera (21 marzo) e l'Equinozio d'Autunno (23 settembre) e la linea più alta, indicata a destra con il segno stilizzato del Capricorno che sta ad indicare il Solstizio d'Inverno (22 dicembre) e l'indicazione all'estrema sinistra del segno del Cancro per indicare il Solstizio d'Estate (21 giugno).

Certo, ci sarebbero ancora molte cose da dire sulle Meridiane in genere e su questa in particolare, ma l'obiettivo di queste righe è di invitare chi ha l'occasione di visitare Villa Castelbarco a volersi soffermare, magari solo per un attimo, ad osservare la Meridiana e lasciarsi un po' affascinare dalle sue linee apparentemente semplici ed essenziali ma piene di contenuti.

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Vaprio d'Adda  Lapide a Leonardo Da Vinci
In questa villa monumento nazionale
LEONARDO DA VINCI educava all'arte Francesco Melzi
discepolo prediletto erede dei suoi manoscritti.
Francesco e Lodovico Melzi D'Eril
vollero così ricordare il IV centenario vinciano.
MDXIX     ---      MCMXIX


 



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